50° anniversario della consacrazione della chiesa parrocchiale

Auguri!

L’occasione del cinquantesimo anniversario della consacrazione della nostra chiesa meriterebbe molto di più. Io vi chiedo la disponibilità di accogliere queste poche righe che vorrei consegnare come augurio alla comunità.

 

La prima cosa che mi sento in dovere di fare è chiedervi scusa. Dalla Settimana santa in poi sono riuscito a inviarvi solo tracce per la preghiera. Non sono stato più capace di mettere insieme due riflessioni degne di questo nome. Il paradosso è che mai come in queste settimane ho continuato a scrivere e parlare: al telefono, con messaggi, in videoconferenze … Ho bisogno di silenzio. Ho bisogno di prendere distanza specialmente dalle attese di chi desidera, siccome sei prete, che tu dica le cose che ci si aspetta sentirsi dire dai preti … Mi permetto di scrivere queste cose perché credo che molti di voi non solo mi possano capire, ma condividano l’imbarazzo delle troppe parole dette e sentite in questi giorni.
Ho bisogno di silenzio perché il fiume di notizie e di messaggi a cui siamo esposti è forse più pericoloso del virus stesso. Lo sapevamo già ma, mai come in queste settimane, abbiamo fatto esperienza di come gli strumenti di comunicazione che abbiamo a disposizione sono incubatori e potenti veicoli di contagio di paure e fantasmi. Attenzione: non mi passa proprio per la mente di proporre una crociata contro la televisione e i suoi più giovani e potenti nipoti elettronici. La possibilità di superare le distanze generate dalla pandemia è stata per tutti una benedizione. Dico di avere bisogno di silenzio perché sento forte il rischio di finire naufraghi nel mare delle parole e delle immagini che ci hanno travolto.
Ho bisogno di silenzio per lasciare sedimentare ciò che ho visto e sentito riconoscendo che si tratta inevitabilmente di “inquadrature parziali”, anche quando siamo noi a proporle. La vita invece è sempre molto altro e molto di più: mischia e tiene insieme anche ciò che appare inconciliabile. Dramma e tenerezza, ricerca sincera del bene ed errori di valutazione: tentare di dividere nettamente le cose non è mai segno di troppa saggezza.
Ho bisogno di silenzio perché nel caos di questo tempo rischia di prevalere il desiderio di voler capire cosa è successo e cosa sta accadendo “fuori di noi” dimenticando che per vivere è indispensabile chiedersi innanzitutto ciò che stia capitando “dentro di noi”. Chiedersi da dove vengano pensieri, sentimenti, convinzioni, desideri e intuire in quale terreno del cuore stiano mettendo radice: senza questo esercizio diventerà difficile trovare un po’ di pace e intuire qualche traccia affidabile che possa orientare il cammino.
Proprio da questo bisogno di silenzio prende le mosse l’augurio che faccio alla comunità nell’occasione dell’anniversario della chiesa: mentre siamo grati a chi ce l’ha consegnata, speriamo di poter riconoscere che la sua ampiezza, il suo essere vuota di cose che distraggono, la sua estrema sobrietà, la rendono grembo capace di contenere quel groviglio che abbiamo in pancia. Speriamo diventi per noi luogo in cui imparare a sopportare di non essere capaci di trovare immediatamente risposte alle nostre domande. Diventi luogo dove desiderare incontri buoni con sorelle e fratelli che, come me, sono pieni di confusione, di ferite, di peccato ma che, proprio come me, sono amati dal Signore e, sostenuti dal suo Spirito, possano sognare una vita che resti umana.
Ecco: la chiesa non è mai un rifugio che permette di scappare dalla realtà ma, al contrario, il luogo dove ritrovare il coraggio necessario per non vivere da fuggitivi. Far festa per la presenza di una chiesa in mezzo al paese, bella o brutta che sia, è occasione per ricordare che il Signore ha scelto di “abitare con noi” e di fare di noi i testimoni della sua presenza nella storia.
Da pochi giorni abbiamo ricominciato a celebrare l’Eucaristia. È stato davvero bello, per chi è riuscito ad esserci, vivere una domenica insieme attorno all’altare. Ma anche nel tempo del “digiuno” dalla messa sono capitate un mucchio di cose belle.
In tante case ci si è dati il permesso di riconoscere che anche il tavolo della cucina è “altare” attorno a cui pregare e “rendere grazie”. Si sono celebrate delle liturgie piene della presenza del Signore: penso in particolare ai momenti del Triduo di Pasqua con la lavanda dei piedi e la condivisione del pane, con la preghiera attorno alla croce, con l’attesa della Veglia del sabato e la benedizione della tavola di Pasqua. Penso alla disponibilità delle tante famiglie che ci hanno aiutato a pregare il mattino con “In cammino con il Risorto” e al lavoro dietro le quinte dei giovani che quotidianamente ne hanno curato la pubblicazione.
Sia insieme con i propri cari, sia nella solitudine della loro stanza, al passo con tutta la comunità, in tanti hanno provato a pregare aprendo la Scrittura: in quaresima abbiamo letto il vangelo di Matteo e nel tempo di Pasqua il libro degli Atti degli Apostoli.
Le lunghe settimane di reclusione non hanno impedito molti gesti di generosità. Giustamente si è evidenziato il grande contributo dei tanti volontari che si sono messi all’opera, ma credo siano infinitamente di più i gesti silenziosi capitati nelle relazioni di vicinato.
Come comunità abbiamo continuato a tentare di dare una mano a chi si sapeva nel bisogno: accanto al lavoro delle associazioni, anche la parrocchia ha potenziato la ordinaria distribuzione di borse alimentari (grazie anche alla raccolta che sta continuando presso il punto vendita MD e che settimanalmente viene consegnata alla parrocchia). Abbiamo messo a disposizione l’appartamento in oratorio per il tecnico di radiologia che è passato anche in tante delle nostre case per le radiografie a domicilio. Non potendo distribuire la “busta di Pasqua” che utilizzeremo per sostenere il tempo faticoso della ripartenza, in chiesa è stata collocata una cassetta ma chiediamo a chi vorrà dare il suo contributo di utilizzare anche la donazione tramite bonifico (Parrocchia Conversione di san Paolo IBAN IT 10 O 03111 52570 0000 0000 1771). Insieme a Caritas Diocesana stiamo preparando alcuni strumenti che speriamo potranno sostenere le difficoltà delle nostre famiglie e di chi ha perso il lavoro. A questo riguardo non possiamo nasconderci che la parrocchia stessa sta diventando una “famiglia in difficoltà economica”.
Si sta faticosamente pensando a come immaginare l’estate dei ragazzi. Ad oggi le difficoltà a progettare sono davvero molte, ma l’oratorio sta cercando i modi per non lasciare mancare il suo contributo, consapevole anche dei bisogni di tanti genitori.
E poi? Come prenderà forma la vita della parrocchia? Ad oggi credo che due sono le certezze da cui partire.
La prima è che dobbiamo resistere alla tentazione di “tornare indietro”. Non possiamo pensare ad un “reset” che riporti tutto come era prima. Certo questa consapevolezza non è comoda. Chiede coraggio. Ma se sei discepolo di Gesù sai che lui non si schiera con chi è preoccupato di non rischiare. Lui continua mettere in cammino: “andate”. L’aver sperimentato una comunità un po’ meno concentrata sotto il campanile e un po’ meno dipendente dai preti va riconosciuta come buon punto di partenza.
La seconda è che non possiamo permetterci di correre. Il coraggio di lasciarsi cambiare ha bisogno di prendere il passo lento di chi va in montagna. Sui sentieri, specialmente se impegnativi, non si va di corsa. Ci si aspetta, ci si aiuta e si incoraggia chi vorrebbe mollare. Sempre con quel passo lento e costante che serve per non scoppiare e per non scivolare ma, ancor di più, per darsi il tempo di gustare i paesaggi che si attraversano. Anche quelli che ci chiedono fatica, che sentiamo antipatici e vorremmo evitare. Anche quelli che hanno i tratti del Calvario. Perché se c’è un Risorto, quello è l’uomo della Croce.
Anche a nome di don Andrea e don Franco, vi auguro buon cammino!
 

Don Alberto
Azzano San Paolo, 27 maggio 2020

 

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