Sinodo Amazzonia: tra ecologia integrale e nuovi cammini ecclesiali

Papa Francesco ha indetto un’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione panamazzonica che si terrà nel periodo compreso tra domenica 6 ottobre e domenica 27 ottobre con il seguente tema: “Amazzonia: nuovi cammini per la chiesa e per una ecologia integrale”.

Già in questo titolo e in questo breve trafiletto c’è un mondo da scoprire, ci sono domande che sorgono spontanee: ma perché la Chiesa si occupa di questo tema, di questo luogo?

Nel tentativo di accostarci a tutto questo, giovedì 3 ottobre abbiamo partecipato, in un piccolo gruppetto della parrocchia, ad un incontro che si è tenuto a Seriate dove a prendere la parola è stato Mons. Coter, vescovo in Bolivia e padre sinodale.

Mons. Eugenio Coter, Vescovo del Vicariato Apostolico di Pando in Bolivia, ci ha regalato uno spaccato sia di cosa si intende per “ecologia integrale” che di “nuovi cammini per la chiesa” e ci ha permesso di entrare in po’ più in profondità in questi temi che apparentemente sfiorano solo la sfera dell’impatto ambientale provocato dagli incendi.

Scopriamo che c’è molto più di questo, c’è un cammino nato nel 2015 con l’enciclica di Papa Francesco “Laudato Sì” che ha dato il via a questa attenzione umana e spirituale al bene comune del creato e alla sua custodia; in terra amazzonica ci sono stati incontri importanti, come quello di Puerto Maldonado, che hanno dato il via a processi di attenzione fondamentali fino ad arrivare il 15/10/2017 alla convocazione da parte di papa Francesco a Roma, di un Sinodo Speciale per la regione panamazzonica, con l’annuncio della sua apertura nell’ottobre 2019; a seguire in data 08/06/2018 è stato redatto il Documento Preparatorio a questo Sinodo che i padri sinodali hanno utilizzato per portare all’assemblea sinodale, la fotografia di quanto succede nella zona affidata a ciascuno di loro.

L’ecologia integrale è una delle colonne su cui si basa l’enciclica “Laudato si”. Per questa ragione, il Santo Padre ci ricorda più volte la connessione naturale che è intrinseca ai vari aspetti della nostra vita: tutto è collegato, tutto dipende da qualcosa. Per attuare politiche serie ed efficaci è dunque necessario avere uno sguardo completo e trasversale a tutti gli aspetti del nostro vivere.

Non ci sono dati per quanto concerne l’ecologia integrale, c’è però questo enorme insegnamento secondo il quale non esistono compartimenti stagni e quindi non si può pensare di curare la terra senza curare la società; non si può parlare d’inquinamento senza parlare di persone e dei rapporti che intercorrono tra esse, non si può pensare di cambiare le dinamiche “macro-politiche” se prima non si agisce sui gesti che compongono la nostra quotidianità.

Mons. Coter ci propone esempi e riflessioni a questo proposito: un’ecologia integrale che ci parla di fede incarnata, di un peccato legato all’ambiente che ha a che fare con lo spreco di risorse naturali importanti, alla presenza in terra amazzonica di sabbia proveniente dal Sahara, di nuvole che si formano nel golfo del Messico e che hanno origine dalla foresta amazzonica e che riguardano in qualche modo il clima dell’intero pianeta, la tendenza ultima a bruciare ampie zone di foresta per lasciare spazio al pascolo per esportare carne in grandi paesi industrializzati come la Cina … tutto questo con l’ottica di ottenere un beneficio immediato senza avere lo sguardo lungimirante verso il futuro impoverimento del terreno destinato a queste nuove attività economiche; a questo sguardo privo di giustizia tra generazioni che tanto ha mosso i recenti movimenti giovanili.

Nuovi cammini per la chiesa Mons. Coter ci spiega con alcuni esempi cosa significhi essere Chiesa in questa parte del mondo: del tentativo di incontrarsi a più livelli e con realtà di stati diversi con l’istituzione della Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM), della fatica nel raggiungere villaggi tra loro molto distanti con il risultato di riuscire a garantire la celebrazione della Santa Messa a volte nemmeno una volta l’anno, la sorpresa di scoprire come in questi luoghi così poco raggiungibili la popolazione sia riuscita in modo autonomo a mantenere vivi cammini di fede, la presenza di una Chiesa che spesso non riesce a garantire la “coerenza eucaristica” citata nel documento preparatorio, la presenza di figure di religiose, laici e laiche che per “buona volontà” e senza una ministerialità riconosciuta portano e mantengono viva una presenza di Chiesa fondamentale, il passaggio nello sguardo su tutto questo da un vedere, giudicare, attuare ad un vedere, discernere e attuare per sottolineare che i confini non sono più l’essere “dentro o fuori” ma prendono contorni più larghi.

Nuovi cammini da trovare con e per il popolo di Dio che abita questa regione del mondo mons. Giuliano Frigeni, missionario del Pime in Brasile da quarant’anni e da venti Vescovo di Parintins e a sua volta padre sinodale, ha recentemente rilasciato un’intervista in cui si mette l’accento sul grido di questa preziosa terra e ancora di più sul grido dei popoli che la abitano: trentaquattro milioni di persone, 390 popoli, di cui oltre centrotrenta non sono ancora stati contattati o vivono volontariamente isolati.

Nella sua intervista parla della crisi umanitaria di questi popoli che vivendo ancora il contatto diretto con l’ambiente che abitano di fronte alla deforestazione, all’espulsione dai villaggi, alle occupazioni abusive, alle estrazioni predatorie, agli scarti chimici, alla criminalità e al traffico di esseri umani vedono venir meno un equilibrio essenziale con la natura che porta spesso a profonde crisi esistenziali e sempre più spesso al suicidio. Il suo sguardo in vista del Sinodo è quindi diretto alla difesa del rispetto e della dignità della vita di queste persone.

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