Campo invernale terza media

«Che cosa vuol dire addomesticare? » […] «È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire “creare dei legami”…» […] «Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo».

 

Tratto da “il piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupery’

Saint-Exupery da’ una definizione del verbo “addomesticare” tutta sua, non convenzionale, creando così un neologismo semantico, molto efficacie sul lettore.
Infatti non troveremo mai nella voce: ad·do·me·sti·cà·re del nostro vocabolario o enciclopedia di casa il significato datogli dallo scrittore. Eppure, in modo immediato, capiamo quale sia il messaggio che vuole trasmetterci, ossia: quell’azione quasi naturale che l’essere umano compie nei confronti di un suo simile per relazionarsi insieme ad esso .
In questo caso il creare dei legami è un gesto intrinseco alla natura dell’individuo, ossia del lettore, che per questo comprende il gesto con semplicità.
Semplicità comprensiva che si contrappone in maniera diametralmente opposta alla grande fatica che “l’uomo” impiega nel mettere in pratica il gesto tanto basilare del “creare legami”. Per questo abbiamo provato anche noi, d’altronde perché non allenarsi? Con difficoltà, senza dubbio, abbiamo addomesticato gli “altri”. “Altri”… luogo comune con il quale indichiamo di frequente tutte quelle persone a cui non stiamo simpatici, che non ci stanno simpatiche, non conosciamo, non capiamo ( di cui non comprendiamo pensiero/idee) ecc… Appunto con fatica ed impegno ci abbiamo provato, spesso fallendo, ma altrettanto spesso riuscendo a costruire qualcosa di nuovo.
Ne siamo stati testimoni in prima persona con i ragazzi di terza media che abbiamo potuto accompagnare nel “campo invernale” svoltosi a Schilpario.
Forse per la loro particolare età, fatta di cambiamenti e transizioni, forse per il contesto di convivialità tra simili credevamo fosse un buon luogo per far sperimentare ai ragazzi l’arte dell’addomesticarsi a vicenda.
E’ successo di tutto, ma… ci hanno sorpresi. E’ emerso un gruppo frastagliato: gruppetti, sottogruppi, migliori amicizie e molto altro dal punto di vista ideologico. Pensieri del tutto contrastanti su passioni, priorità, modi di fare e farsi vedere, e conseguentemente piacere.
Un abisso divide la loro percezione di come debba essere intesa l’amicizia. Da un lato, chi pensa si debba puntare ad una assolutistica ed utopistica perfezione di amici ideali ed idealizzati, in cui tutti sono amici di tutti in un ambito comunitario; dall’altro, chi invece pensa ci si debba accontentare di un amicizia soggettivista, ristretta ed elitaria, molto spesso fondata su basi tutt’altro che solide come la presunzione, lo scherno, la presa in giro alle spalle, dove io posso contare solo su me stesso e basta.
Credete che questo giudizio sia troppo duro per descrivere la realtà sociale di “appena” una terza media? Beh vi sbagliate, perché sotto sotto è cosi, ma… sarebbe riduttivo e semplicistico prendere in esame solo i lati negativi di una esperienza come questa. Infatti se sul piano ideale vi è uno spartiacque apparentemente insuperabile, sul piano concreto, effettivo, e pratico il gruppo dimostra un inaspettata sintonia, che in qualche modo fa cadere i muri che dividono i singoli mettendo in luce la pluralità dello stesso. Quando si vede un compagno che ha bisogno, necessità di vicinanza di qualsiasi genere dal :” Gioco io con te!” oppure :” C’è qualcosa che non va? Vuoi parlarne?” al :”Se hai bisogno io ci sono!” i ragazzi non si tirano indietro, ed azzerando le divisioni si spendono per gli altri.
A nostro avviso è proprio così che ci si educa alla ricerca della creazione di legami, partendo dalle piccole cose, quelle concrete e spontanee che pian piano fanno maturare un individuo, lo fanno crescere e con senso critico mutano il suo modo di pensare.
E se d’altro canto abbiamo ottenuto ciò a cui puntavamo, ovvero un avvicinamento di ragazzi e ragazze ad altri ragazzi e ragazze per appunto creare un nuovo legame di conoscenza, di aiuto o anche solo un approfondimento di alcuni lati che non si conoscevano di quellla persona, non siamo del tutto soddisfatti, ed anzi crediamo sia solo l’inizio.
Un inizio molto promettente nel “addomesticare gli altri” che però deve essere portato avanti con costanza e continuamente alimentato per evitare che sfiorisca in breve tempo.

 

[…] «Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…» La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: «Per favore… addomesticami», disse.

 

Tratto da “il piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupery’

 

alcune foto del campo

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